Un campo di concentramento in città

Antico convento, la Pia Casa di Beneficienza è requisita dai tedeschi e adibita a luogo di detenzione per quanti, rastrellati nelle aree di Livorno, Pisa, Versilia e della Piana lucchese sono sul punto di essere deportati verso i luoghi dei lavoro coatto della Organizzazione Todt nell’Italia centrale e settentrionale o in Germania.

Vero e proprio campo di concentramento in piena città, si passa dalla Pia Casa prima di essere forzatamente smistati: qui si sosta per poche ore oppure la permanenza dura qualche giorno.

Al primo gruppo di deportati da Livorno, circa 400 persone controllati dalle SS tedesche che giunge alla Pia Casa il 23 giugno 1944, ne seguono molti altri fino a raggiungere la cifra complessiva di 70.000 persone transitate nei suoi locali con punte anche di 3000 persone al giorno: una cifra enorme considerati gli spazi a disposizione! Accade, infatti, che la ferrovia resa inservibile dai guastatori Ss e la mancanza di carburanti per gli automezzi rallentino le partenze dei deportati per le nuove destinazioni. Una situazione che si fa particolarmente pesante dopo il rastrellamento in città del 20 agosto e quelli del 22 e 23 nelle periferie e nelle aree di circonvallazione che dura fino alla notte tra il 31 agosto e il 1 settembre. Solo allora i tedeschi cominciano a ritirarsi senza dare seguito alla minaccia di minare l’intero edificio.
Pessime le condizioni ambientali e igieniche in cui sono tenuti quanti passano per i cameroni del vecchio edificio, fatti oggetto di vessazioni e violenze fisiche e morali di ogni genere, sistemati su giacigli di paglia marcita, lasciati senza cibo né acqua mentre la popolazione è pesantemente scoraggiata a portare loro il benché minimo conforto.
Una limitata possibilità d’intervento è lasciata solo agli Oblati del Volto Santo che riescono a fatica a garantire ai deportati acqua , pane e quando va bene una minestra calda, continuazione della loro iniziativa della “Mensa del povero”. A quattro crocerossine è demandato il compito di una modesta assistenza medico-sanitaria e la consegna della posta e dei pacchi spediti da casa.
Il 2 agosto 1944 nella Pia Casa è ristretto don Aldo Mei, giovane parroco di Fiano nel Comune di Pescaglia: accusato di connivenza coi partigiani e di aver nascosto un ebreo è condannato a morte. La sentenza è eseguita nella tarda sera del 4 agosto poco fuori Porta Elisa: il sacerdote prima di essere mitragliato benedice i suoi uccisori e cade nella fossa che era stato appena costretto a scavarsi.


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