Il Campo di concentramento per ebrei di Bagni Caldi a Bagni di Lucca

In ottemperanza all’ordinanza n. 5 del 30 novembre 1943, emanata dal ministro dell’Interno della Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.) Buffarini Guidi, anche in provincia di Lucca fu subito istituito un campo di concentramento provinciale per ebrei. Dai primi giorni di dicembre nel territorio della provincia si provvide, in base alla predetta circolare, all’arresto e all’internamento degli ebrei italiani e stranieri nell’apposito campo (“in attesa che venissero predisposti campi di concentramento nazionali”) e al sequestro dei loro beni.
Come struttura detentiva venne utilizzato l’edificio dell’ex Grande Albergo “Le Terme” in località Bagni Caldi, a Bagni di Lucca, una cittadina posta a circa 26 km da Lucca, nella Media Valle del fiume Serchio, ai piedi delle propaggini dell’Appennino, cittadina molto nota anche in Europa come località termale.
L’edificio individuato era stato utilizzato, tra il marzo 1942 e il gennaio 1943, come luogo di internamento: prima per un gruppo di cittadini anglo-maltesi, provenienti dalla Libia e successivamente per un centinaio di ex-jugoslavi già internati nel campo di concentramento fascista di Melada.
Nel periodo del suo funzionamento come campo di concentramento per ebrei, dal dicembre 1943 al gennaio 1944, esso fu diretto e gestito dall’autorità fascista: infatti la custodia degli ebrei fu affidata ad un reparto della Guardia Nazionale Repubblicana, della 86a legione di Lucca.
In mancanza del registro del campo o della lista dei detenuti poi trasferiti, il numero degli ebrei arrestati e ivi detenuti è stato ricostruito indirettamente da documenti reperiti negli archivi locali, i cui dati sono stati incrociati con quelli ricostruiti da Liliana Picciotto e dal CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea).
Dunque, come già detto, anche in provincia di Lucca fu data sollecita applicazione agli atti ed alle prassi della nuova fase persecutoria antiebraica: quella della “persecuzione delle vite”.
A pagarne le conseguenze furono subito le famiglie di ebrei stranieri che erano state inviate in “internamento libero” in alcune località della provincia. Esse costituiscono la parte più importante degli ebrei arrestati e deportati dalla provincia di Lucca. A partire dal 1941 erano giunte in regime di “internamento libero” a Castelnuovo di Garfagnana e nella stessa Bagni di Lucca numerose famiglie di ebrei stranieri, in genere provenienti dal campo di internamento di Ferramonti di Tarsia (Cosenza). Gli ebrei internati a Castelnuovo di Garfagnana, circa sessanta, erano il gruppo più numeroso, originari della Germania, dell’Austria e di altri Paesi dell’Europa orientale; gli ebrei internati a Bagni di Lucca, quasi trenta, erano di origine austriaca e jugoslava. Di varia estrazione sociale, trovarono alloggio in genere presso abitazioni private, conducendo i più una vita difficile con scarsi mezzi, integrati quando possibile dal sostegno dell’organizzazione assistenziale ebraica DELASEM. Il nucleo ebraico di Castelnuovo di Garfagnana riuscì ad allestire, anche con il sostegno della DELASEM e della Comunità Israelitica di Pisa, un luogo di culto presso cui funzionò una scuola autogestita per i numerosi bambini.
Presso il campo di concentramento di Bagni di Lucca furono rinchiusi 57 degli ebrei internati a Castelnuovo di Garfagnana mentre altri 7, componenti due nuclei familiari, riuscirono a sottrarsi all’arresto ponendosi in salvo con l’aiuto di persone del luogo. Tra gli ebrei internati a Bagni di Lucca, alcune famiglie riuscirono a sottrarsi all’arresto o nascondendosi in località più isolate con l’aiuto di persone amiche o raggiungendo il territorio italiano già liberato. Di fatto gli arrestati in questo gruppo furono 8, mentre due anziani coniugi austriaci, alla notizia dell’imminente arresto, reagirono suicidandosi nella propria abitazione con l’ossido di carbonio prodotto da un braciere.
Tra dicembre e gennaio le autorità fasciste e naziste provvidero ad arrestare, soprattutto grazie a delazione, anche circa una trentina di ebrei italiani, alcuni residenti, altri sfollati in provincia di Lucca a causa dei bombardamenti alleati.
Nell’ex albergo “Le Terme” la detenzione poteva essere meno difficile per i più abbienti che avevano a disposizione mezzi propri per integrare lo scarso cibo fornito o per far fronte ad altre necessità, come il pagamento di un medico che venisse a visitare un bambino malato. In genere i prigionieri erano costretti a vivere in ambienti squallidi e disadorni, dormendo sulla paglia. Per quasi due mesi un centinaio di persone, tra cui un buon numero di bambini, vissero in condizioni igieniche così precarie che per alcuni detenuti, adulti e bambini, fu necessario il ricovero in ospedale. Era consentito far visite e far pervenire ai detenuti vestiario e cibo, ma riteniamo fondatamente che fossero presenti tra i responsabili fascisti del campo anche
comportamenti di spregevole corruzione per cui si verificarono appropriazioni di oggetti e risorse destinati ai prigionieri. Ancor peggio, giunsero a familiari richieste di forti somme di denaro come corrispettivo di false promesse di liberazione di arrestati: trattative che, almeno in un caso, procurarono il successivo arresto di altri tre ebrei.
Durante il funzionamento del campo sono attestati alcuni rilasci di prigionieri tra i quali quello di un ebreo tedesco e dei suoi due figli. In questo caso il rilascio avvenne in base a quanto previsto dalla legislazione antiebraica tedesca per gli ebrei coniugati con “ariani”. Pur essendo presente nella legislazione fascista analoga disposizione, segnaliamo che non si verificò il rilascio di ebrei italiani che avevano contratto matrimonio misto. Venne dimessa dal campo anche una famiglia inglese, non ebrea, in internamento libero a Castelnuovo di Garfagnana, che evidentemente era stata condotta a Bagni Caldi insieme agli ebrei internati nel capoluogo della Garfagnana.
La rete clandestina di solidarietà e di assistenza agli ebrei costituitasi a Lucca grazie al coraggio dell’ebreo pisano Giorgio Nissim, già responsabile Delasem, e dei sacerdoti Oblati del Volto Santo, con l’appoggio dell’Arcivescovo di Lucca Torrini, tentò un disperato salvataggio degli ebrei detenuti nel campo. Nelle sue memorie Nissim racconta di aver messo a punto, in collaborazione con i partigiani, un piano per la loro liberazione. Il piano fallì per la concomitanza del trasferimento degli ebrei.
Il 23 gennaio 1944 infatti gli ebrei concentrati nel campo di Bagni di Lucca vennero prelevati dalle autorità tedesche e portati in carcere a Firenze. Testimonianze raccontano la loro mesta partenza su camion, privati di ogni loro avere che divenne preda dei carcerieri. Dal carcere di Firenze furono trasferiti in treno in vagoni bestiame nel carcere San Vittore di Milano. Così un giovane ebreo di La Spezia, arrestato a Camaiore, scrive in una lettera al suocero durante il viaggio di trasferimento: “ […] Non è il caso di scrivervi cerimoniosamente, mi trovo in un carro bestiame con destinazione ignota, il mio morale comunque è sollevatissimo, non mi perdo di coraggio, […]”.
Il 30 gennaio gli ebrei provenienti dal campo di concentramento di Bagni di Lucca vennero caricati sul convoglio n. 6 che partì dal binario sotterraneo n. 21 della stazione di Milano per giungere ad Auschwitz il 6 febbraio 1944. Una giovane ebrea lucchese non sopravvisse al viaggio. Nel Libro della Memoria di Liliana Picciotto sono presenti 99 nomi di ebrei provenienti dal Campo di concentramento di Bagni di Lucca; la deportata più piccola aveva pochi mesi, di essi solo cinque sopravvissero alla deportazione.
Il campo di concentramento di Bagni di Lucca venne chiuso il 25 gennaio. Degli ebrei arrestati successivamente in provincia di Lucca, alcuni vennero detenuti prima della deportazione in un campo di concentramento in origine destinato a campo per prigionieri di guerra situato vicino al paese di Colle di Compito, nel comune di Capannori. Allo stato attuale delle ricerche in totale gli ebrei deportati dalla provincia di Lucca furono 110.

(Scheda redatta da Silvia Q. Angelini, gennaio 2018)

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