La battaglia del Monte Rovaio

Sono le 23 del 27 agosto 1944.
Di sentinella, a Colle a Panestra, tra l’Alpe di Sant’Antonio e il gruppo delle Panie, è Tarzan, nome di battaglia di Gualtiero Montanari, partigiano emiliano del gruppo Valanga stanziato dalle parti del Monte Rovaio.
Tarzan sente rumore di passi lungo un sentiero che da Col di Favilla porta all’Alpe di Sant’Antonio: intima l’altolà e chiede la parola d’ordine. Gli viene risposto in un italiano stentato.
Tarzan capisce di avere di fronte una pattuglia nemica in avanscoperta e spara con il suo Sten. Al buio. Un ufficiale tedesco, Rolf Bachmann, viene ucciso, gli altri fuggono.

I partigiani sanno da giorni di essere stati localizzati dai tedeschi, ma la strategia che hanno adottato – e che ha creato non pochi contrasti tra il nucleo storico garfagnino, di ideologia cattolica, e il gruppo di emiliani comunisti che si è aggregato all’inizio del mese reduce dall’esperienza di Montefiorino – è attendista: se attaccati, si risponde; altrimenti, cautela.

puccetti

Leandro Puccetti

Dopo l’episodio della sera precedente, i partigiani del gruppo Valanga non sanno bene cosa fare. Tra l’altro, il comandante Leandro Puccetti e il suo vice Mario De Maria non sono al campo. Abbandonare la posizione? Rimanere lì e organizzarsi in vista della sicura reazione nemica? Cresce anche la preoccupazione che i tedeschi, in caso di loro fuga, possano prendersela con la popolazione civile. Nel tardo pomeriggio rientrano Puccetti e De Maria. La decisione è presa: si rimane lì. Gli abitanti dei dintorni no, loro fuggono nascondendosi in paesi vicini o in grotte.
La sera la tensione è palpabile, l’attacco tedesco potrebbe scattare da un momento all’altro.

Sono le 3 del 29 agosto 1944.
I partigiani del Valanga hanno approntato le loro postazioni difensive sul monte Rovaio: una sulla cresta, una all’estemità occidentale, una a sud verso Piglionico e una sopra Colle a Panestra. Sono una settantina circa.
I tedeschi giungono da nord, dalla valle della Turrite Secca, e da sud, da Piglionico. Con loro anche italiani della Guardia Nazionale Repubblicana. Il loro numero è imprecisato: alcune centinaia di soldati, probabilmente, ma c’è chi dice addirittura duemila.
Alle 3.30 inizia la battaglia.
Poco prima dell’alba i partigiani sono tutti in postazione sulla cresta del Rovaio. Ma sono in difficoltà. Alle 9 i tedeschi iniziano a risalire sul Rovaio e ad avanzare verso il centro della cresta.
I partigiani non hanno scelta: alle 10 Puccetti ordina di sganciarsi per gruppi verso il bosco sottostante, cercando di sfondare l’accerchiamento buttandosi in un canalone con un salto. Ma, così facendo, si espongono al fuoco nemico. E tanti vengono colpiti, alcuni in maniera mortale.
Non è ancora finita: chi non è riuscito a mettersi in salvo si nasconde nella boscaglia, mentre i tedeschi continuano ancora per ore a sparare, spesso a casaccio.

Quanti uomini muoiono nel corso della battaglia?
Non conosciamo il numero di perdite tedesche. Probabilmente nessuna. Conosciamo però il nome delle vittime partigiane, diciannove in tutto, dal più anziano Giovanni Borro, trentun anni, al più giovane, il sedicenne di Vergemoli Pasquale Cipriani. Gli altri: Ettore Bruni, Renzo Sassi, Edoardo Bergamini, Mario Bertoni, Remo Borsi, Mario Davini, Rubino Olivieri, Lauro Pieroni, Gabriele Puccetti, Alto Rusticelli, Mario Venturelli, Sergio Bucci, Walter Pierantoni, Ferruccio Tognoli, Renato Lorenzoni e Francesco detto “il Napoletano”. Oltre al comandante Leandro Puccetti, ferito gravemente al ventre e deceduto il 3 settembre all’ospedale di Castelnuovo, dove viene ricoverato sotto falso nome e con falsa diagnosi.

Romeo Borsi

Romeo Borsi

Walter Pierantoni

Walter Pierantoni

Aldo Rusticelli

Aldo Rusticelli

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La battaglia di Monte Rovaio

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