La “Torre Matilde” (il cui nome deriva da una erronea attribuzione della costruzione alla Duchessa Matilde di Canossa) viene costruita dal Governo lucchese come baluardo difensivo dei magazzini e del nascente borgo di Viareggio. L’edificio, terminato nel 1542, viene affiancato dal palazzo del Commissario di spiaggia, l’autorità che all’epoca controlla il traffico di merci ed imbarcazioni in transito presso lo scalo.
La Torre viene utilizzata per la prima volta come carcere nei primi dell’Ottocento, poi adibita a Bagno penale dei forzati, funzione che rimane esclusiva dopo che, nel 1823, le carceri vengono trasferite a Camaiore.
Col passaggio al Granducato di Toscana, essa diventa sede della Guardia Civica (1948-49), finché non è di nuovo, nel 1850, trasformata in carcere. Al secondo e al terzo piano della Torre, ora entrambi ripristinati in un unico ambiente come in origine, vengono allora erette pareti divisorie per ricavare tre celle per piano, ciascuna delle quali può contenere sei detenuti. Alle celle vengono dati i nomi di Pontida, Napoli, Mantova, Venezia, Solferino e Legnano.
Se molti vecchi viareggini continuano ad identificare la Torre come carcere, ciò è dovuto al fatto che questa funzione è effettivamente svolta dalla Torre fino alla fine della Seconda guerra mondiale. E per tutto il periodo del regime, tutti gli antifascisti attivi vi sono reclusi o vi transitano per qualche giorno, spesso anche per pura prevenzione.
Questa sorte tocca per esempio a Manlio Baccelli come ad Anichini, a Elpidio Jenco, agli inizi della dittatura, come a Di Giorgio, proprio il giorno dopo la caduta del fascismo.
Palmerio – Elpidio Jenco a Viareggio
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